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domenica 12 dicembre 2021

L'EMPATIA COGNITIVA E L'INTERCONNESSIONE MENTALE

 

Premessa

Quando parliamo di Empatia tutti sappiamo che ci stiamo riferendo ad un processo di immedesimazione con lo stato d’animo dell’altro. Tale processo, determinato da innumerevoli fattori, ci permette di diventare una vera e propria cassa di risonanza delle emozioni altrui, anche se gli eventi che le hanno scatenate non ci riguardano in prima persona.

Ma non tutti forse sanno che, oltre a quella del cuore, esiste un’Empatia cognitiva, mentale.

Di cosa si tratta?

Della capacità che abbiamo sin da piccoli di “leggere la mente” degli altri e di fare previsioni sulle loro future azioni.

Come succede?

Attraverso l’interpretazione del significato che fatti ed eventi possano avere per una specifica persona, di come questi possano quindi condizionare e pilotare il suo comportamento, e di come quest’ultimo possa essere oggetto di plausibili predizioni.

In quali occasioni succede?

Quando attribuiamo uno stato mentale o, se preferite, quando esercitiamo la psicologia ingenua o del senso comune.

Cosa vuol dire attribuire uno stato mentale?

Vuol dire essere in grado di attribuire agli altri intenzioni che vertono su qualcosa o qualcuno, si dirigono verso qualcosa o qualcuno, in funzione dei loro desideri, credenze, speranze, ecc. Vuol dire cioè fare una metarappresentazione, ovvero una rappresentazione della rappresentazione mentale di un altro, secondo la formula: S crede/desidera/spera che p

Un esempio di generalizzazione psicologica ingenua:

se S desidera che p, e S crede che p se q, allora S farà in modo di causare q

Cosa ci permette di fare l’empatia cognitiva?

Ci permette di vedere le cose da un particolare punto di vista dal quale assumono rilevanza; di ragionare in funzione delle informazioni che gli altri possiedono in merito ad una particolare questione, tenendo conto dei loro desideri, credenze, speranze, ecc., e fare quindi delle predizioni sulla loro attività futura e sui loro processi motivazionali. Ma ci permette soprattutto di diventare parte attiva e consapevole nella relazione con l’altro, di guidarla verso la positività, ma anche di allentarla o troncarla, a seconda dei casi, con l’autoregolazione “preventiva” che l'interconnessione mentale consente di attivare.

Quali sono le dotazioni per esercitare l’empatia cognitiva?

Secondo la Teoria della mente possediamo moduli della mente specializzati che, in base agli esiti delle ricerche scientifiche, si sviluppano progressivamente e non simultaneamente. Un deficit del loro funzionamento compromette lo sviluppo della competenza comunicativa e sociale: SP (Selection Processor) è uno di questi, si sviluppa intorno ai 4 anni ed ha la fondamentale funzione di selezionare e inibire momentaneamente il nostro punto di vista (le informazioni che possediamo, i nostri desideri, le nostre credenze e le nostre speranze) per accogliere quello altrui.

A quale età i bambini si predispongono ad essere empatici?

Per offrire una risposta al quesito i teorici della mente si rifanno al prototipo del test delle false credenze: la storia di Sally e Anne (Baron-Cohen, 1995), di cui Wimmer e Perner ci offrono una versione semplificata. (immagine a fianco)

<<Sally ha una biglia e la ripone nel cestino, poi esce. Mentre lei è fuori, Anne prende la biglia dal cestino e la mette nella scatola. Ora Sally torna e vuole la sua biglia. Dove la cercherà?>>

“Centinaia di esperimenti condotti con questo tipo di prove hanno trovato che prima dei 4 anni i bambini tendono a rispondere sulla base della realtà fisica (dicono -nella scatola-), mentre quelli di 4-5 anni, come gli adulti, tendono a dire -nel cestino- , rivelando un ragionamento basato sulla credenza falsa che Sally ha sulla collocazione della biglia (Wellman, Cross, Watson, 2001).

[…] Un indizio che anche prima dei 3 anni i bambini sono in grado di attribuire stati mentali epistemici viene fornito dai loro comportamenti comunicativi (…) e dalla comparsa del gioco di finzione (…).” (L. Surian, Lo sviluppo cognitivo, 2009)

 Qual è la funzione della finzione e qual è il relativo modulo specializzato?

I comportamenti di finzione, sintomi della precoce capacità di usare metarappresentazioni, si fondano sulla credenza della falsità dell’inganno (il bambino che accetta di usare la banana offerta dalla mamma come cornetta telefonica sta giocando sul filo che separa l’inganno – è una banana e non un telefono- dalla falsità dell’inganno – siamo complici nel far finta che… pur sapendo che non è vero. Il piano della realtà e il piano simbolico collaborano richiamandosi reciprocamente, pur rimanendo perfettamente separati nelle rappresentazioni del bambino. Una corretta rappresentazione della realtà è fondamentale “per la sopravvivenza della persona, che deve poter cogliere le opportunità laddove queste si presentino o, viceversa, saper evitare i pericoli”. Ma le distorsioni sulla realtà che la finzione produce sono volontarie e non frutto di un errore cognitivo: il bambino non si sta sbagliando, non sta sognando o delirando, ma sta intenzionalmente giocando a far finta. Attraverso il gioco il bambino sta allenando la sua capacità empatica, sostenendo lo sviluppo del correlato modulo mentale. Il modulo che permette la finzione, TOMM (Theory of Mind Mechanism), si sviluppa verso i 18 mesi e costituisce il cuore della psicologia ingenua. (C. Meini, Psicologi per natura, 2007).

Conclusioni

Alla luce di questi elementi, si comprende bene come parlare di empatia riconducendola esclusivamente alle emozioni non può esaurire l’intricata e affascinante dimensione di questo processo che coinvolge simultaneamente l’aspetto emotivo, cognitivo e culturale della persona, anche se ciascuno di essi può avere un impatto così forte sul processo da precludere l’empatia tout court cominciando a “parcellizzarla”.  MA DI QUESTO PARLEREMO NEL PROSSIMO ARTICOLO

Agata Calise

 

 

 

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