Premessa
Ma non tutti forse sanno che, oltre a quella del cuore,
esiste un’Empatia cognitiva, mentale.
Di cosa si tratta?
Della capacità che abbiamo sin da piccoli di “leggere la
mente” degli altri e di fare previsioni sulle loro future azioni.
Come succede?
Attraverso l’interpretazione del significato che fatti ed
eventi possano avere per una specifica persona, di come questi possano quindi
condizionare e pilotare il suo comportamento, e di come quest’ultimo possa
essere oggetto di plausibili predizioni.
In quali occasioni succede?
Quando attribuiamo uno stato mentale o, se preferite,
quando esercitiamo la psicologia ingenua o del senso comune.
Cosa vuol dire attribuire uno stato mentale?
Vuol dire essere in grado di attribuire agli altri intenzioni
che vertono su qualcosa o qualcuno, si dirigono verso qualcosa o qualcuno, in
funzione dei loro desideri, credenze, speranze, ecc. Vuol dire cioè fare una
metarappresentazione, ovvero una rappresentazione della rappresentazione
mentale di un altro, secondo la formula: S crede/desidera/spera che p
Un esempio di generalizzazione psicologica ingenua:
se S desidera che p, e S crede che p
se q, allora S farà in modo di causare q
Cosa ci permette di fare l’empatia cognitiva?
Ci permette di vedere le cose da un particolare punto di
vista dal quale assumono rilevanza; di ragionare in funzione delle informazioni
che gli altri possiedono in merito ad una particolare questione, tenendo conto dei
loro desideri, credenze, speranze, ecc., e fare quindi delle predizioni sulla
loro attività futura e sui loro processi motivazionali. Ma ci permette soprattutto
di diventare parte attiva e consapevole nella relazione con l’altro, di
guidarla verso la positività, ma anche di allentarla o troncarla, a seconda dei
casi, con l’autoregolazione “preventiva” che l'interconnessione mentale consente di attivare.
Quali sono le dotazioni per esercitare l’empatia
cognitiva?
Secondo la Teoria della mente possediamo moduli della
mente specializzati che, in base agli esiti delle ricerche scientifiche,
si sviluppano progressivamente e non simultaneamente. Un deficit del loro
funzionamento compromette lo sviluppo della competenza comunicativa e sociale: SP
(Selection Processor) è uno di questi, si sviluppa intorno ai 4 anni ed ha
la fondamentale funzione di selezionare e inibire momentaneamente il nostro
punto di vista (le informazioni che possediamo, i nostri desideri, le nostre
credenze e le nostre speranze) per accogliere quello altrui.
A quale età i bambini si predispongono ad essere
empatici?
<<Sally ha una biglia e la ripone nel cestino, poi
esce. Mentre lei è fuori, Anne prende la biglia dal cestino e la mette nella
scatola. Ora Sally torna e vuole la sua biglia. Dove la cercherà?>>
“Centinaia di esperimenti condotti con questo tipo di prove
hanno trovato che prima dei 4 anni i bambini tendono a rispondere sulla base
della realtà fisica (dicono -nella scatola-), mentre quelli di 4-5 anni, come
gli adulti, tendono a dire -nel cestino- , rivelando un ragionamento basato
sulla credenza falsa che Sally ha sulla collocazione della biglia (Wellman,
Cross, Watson, 2001).
[…] Un indizio che anche prima dei 3 anni i bambini sono in
grado di attribuire stati mentali epistemici viene fornito dai loro
comportamenti comunicativi (…) e dalla comparsa del gioco di finzione (…).” (L.
Surian, Lo sviluppo cognitivo, 2009)
I comportamenti di finzione, sintomi della precoce capacità
di usare metarappresentazioni, si fondano sulla credenza della falsità
dell’inganno (il bambino che accetta di usare la banana offerta dalla mamma
come cornetta telefonica sta giocando sul filo che separa l’inganno – è una
banana e non un telefono- dalla falsità dell’inganno – siamo complici nel far
finta che… pur sapendo che non è vero. Il piano della realtà e il piano
simbolico collaborano richiamandosi reciprocamente, pur rimanendo
perfettamente separati nelle rappresentazioni del bambino. Una corretta
rappresentazione della realtà è fondamentale “per la sopravvivenza della
persona, che deve poter cogliere le opportunità laddove queste si presentino o,
viceversa, saper evitare i pericoli”. Ma le distorsioni sulla realtà che la
finzione produce sono volontarie e non frutto di un errore cognitivo: il
bambino non si sta sbagliando, non sta sognando o delirando, ma sta
intenzionalmente giocando a far finta. Attraverso il gioco il bambino sta allenando la sua capacità empatica, sostenendo lo sviluppo del correlato modulo mentale. Il modulo che permette la finzione, TOMM
(Theory of Mind Mechanism), si sviluppa verso i 18 mesi e costituisce il
cuore della psicologia ingenua. (C. Meini, Psicologi per natura, 2007).
Conclusioni
Alla luce di questi elementi, si comprende bene come parlare
di empatia riconducendola esclusivamente alle emozioni non può esaurire l’intricata
e affascinante dimensione di questo processo che coinvolge simultaneamente l’aspetto
emotivo, cognitivo e culturale della persona, anche se ciascuno di essi può avere
un impatto così forte sul processo da precludere l’empatia tout court cominciando
a “parcellizzarla”. MA DI QUESTO PARLEREMO NEL PROSSIMO ARTICOLO
Agata Calise
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