Premessa
Naturalmente, infatti, a questa età i bambini hanno una
percezione globale di eventi reali, emotivi e relazionali, ma è sempre a questa
età che via via si procede verso una forma di discriminazione delle varie fasi
esperienziali, cominciando a collocarle su diversi livelli in base a dei
criteri di categorizzazione. Essa è possibile solo se si possiedono i necessari
framework, schemi di decodifica della realtà che consentono di
sistematizzare via via le conoscenze mentre si apprendono o, meglio, mentre se
ne apprendono le componenti cognitive in esse contenute.
Capite bene qual è il paradosso in cui si incorre all’interno
del dialogo insegnamento/apprendimento?
Ogni volta che offriamo ai bambini uno schema interpretativo
della realtà stiamo inevitabilmente condizionando i parametri che utilizzeranno
per accostarsi o prendere le distanze da una certa situazione. Stiamo cioè
condizionando i loro giudizi e le loro scelte.
E tuttavia questa fase di “indottrinamento” è necessaria affinché
i bambini possano gradualmente acquisire una propria personale e originale
concezione delle cose, che possano cioè dare sfogo e forma alla tanta auspicata
CREATIVITÀ. La creatività non è caos, non nasce dal nulla.
Per essere creativi, infatti, occorre conoscere gli elementi
di cui ci serviamo per poterne stravolgere, ad esempio, la destinazione d’uso. Qualcosa
che si accosta alla licenza poetica di chi si esprime in versi. Questi elementi,
apparentemente di interesse esclusivamente cognitivo, assumono invece una
connotazione ETICA che rimanda all’educazione al rispetto, ma anche alla sua
controparte: la disobbedienza. Queste due sfaccettature del fare, che è anche
pensare, si concretizzano nelle nostre produzioni. Meglio, dalle nostre
produzioni si può comprendere qual è la nostra attitudine comportamentale, se
andiamo verso il rispetto o verso la disobbedienza, uscendo dagli schemi.
Come il valore etico condiziona la nostra percezione estetica
o viceversa?
Anche se sei un’insegnante illuminata e non hai mai giudicato
un bambino dalle sue produzioni, ti sarai certo imbattuta in situazioni nelle
quali sono stati gli stessi bambini a giudicarsi aspramente in funzione dei
loro elaborati. Un’espressione come: <<maestra, X ha fatto un pasticcio!>>
Ti suona familiare? In quei momenti ti verrebbe voglia di ammonire chi l’ha
pronunciata e di liquidare la faccenda con il classico: <<tutti i disegni
sono belli!>>?
Se tu reagissi così cadresti in contraddizione e
disorienteresti chi ha fatto tesoro del tuo insegnamento. Sei stata tu, in
fondo, a chiedere ai bambini di colorare dentro i margini di una sagoma. Sei stata
tu a dire ai bambini che il sole è giallo ed è rotondo. Sei tu che hai parole
di apprezzamento verso i bambini che riescono a seguire le tue
indicazioni/prescrizioni. Cosa c’è quindi di strano se qualcuno nota con una
punta di “disprezzo” un lavoro eseguito “male”, che non ha rispettato le
indicazioni, anche acquisite precedentemente? Ma c’è di più. Tra i 4 e i 5 anni
i bambini cominciano ad acquisire la capacità di estendere un concetto anche a
contesti diversi da quello in cui lo hanno appreso. Redarguire continuamente i
bambini che durante le attività ludico-relazionali non rispettano le regole
comportamentali, senza da parte nostra riuscire a gestire veramente il
conflitto, senza interessarci alle ragioni che lo hanno generato, produce alla
lunga un’inevitabile associazione: chi non rispetta le regole non è un/una
bravo/a bambino/a e merita di essere ammonito. E ciascuno se ne ricorderà e si
sentirà in diritto di giudicare negativamente l’operato altrui, ogni qualvolta
ci siano regole non rispettate, con la certezza di compiere un’azione in difesa
di tutta la comunità. La “difesa” della comunità e delle sue regole si traduce
nel necessario allontanamento di chi con la sua disobbedienza le mette a
repentaglio, generando sottoclassi di bambini bravi e intelligenti e bambini
disubbidienti o con scarse capacità di apprendimento.
È possibile formulare un progetto educativo che abbia una sua
coerenza interna e che abbia a cuore il rispetto per il benessere di ciascun/a bambino/a?
A titolo esemplificativo, inerente all’attività proposta nell’u.d.a
2 de “il fantastico viaggio di Lella la coccinella”, pubblicata sulla pagina
Facebook “Educazione in Prospettiva”, si propone un percorso di indagine
riflessiva che parte da un solo presupposto:
il RISPETTO reciproco è un valore irrinunciabile ed è per
questo che la REGOLA deve essere negoziabile
Siamo partiti dai colori semplici o fondamentali e li abbiamo
esaminati rispetto al modo in cui caratterizzano alcuni oggetti della realtà
fenomenica ma anche emotiva. Possiamo dare un colore anche al modo in cui ci
sentiamo in particolari condizioni sentimentali? Quale colore rispecchia in
questo momento il tuo stato d’animo. Perché? Possiamo dire che tutti quelli che
provano le stesse emozioni hanno l’animo colorato dallo stesso colore?
L’aspetto della condivisione permette di oltrepassare
l’aspetto oggettivo della conoscenza, cogliendo testimonianze dalle sfumature cognitive
che accreditano la possibilità di costruire altra conoscenza attraverso il
confronto delle idee e l’adeguata legittimazione delle proprie posizioni o
delle proprie premesse epistemiche.
In questa sezione, come nelle altre dedicate a queste
attività, oltre ad aver appreso alcuni fondamentali segmenti cognitivi
riconducibili agli obiettivi contemplati in seno ai vari campi di esperienza,
si è dato ampio spazio alle possibilità di ampliare e amplificare, a partire
dalle informazioni di base acquisite, la portata cognitiva e formativa di
ciascuna attività. Ciò che essenzialmente si intende qui stimolare è il
pensiero creativo, consentendo ai bambini di esercitare la capacità di
utilizzare in modo originale il “materiale cognitivo” appreso attraverso il
processo di istruzione.
In ogni attività quindi si possono distinguere le aree
epistemologiche, etiche ma anche estetiche.
In questa prospettiva e nella logica di una costante educazione
al pensiero si possono compiere riflessioni di ordine superiore:
- · produco
ed esprimo un pensiero su ciò che ho fatto o che altri hanno fatto e mi viene
mostrato.
Cos’è un pasticcio? Perché lo chiami così? Come deve essere
un disegno per non essere un pasticcio? Esiste un modo per usare i colori che
renda il tuo lavoro un bel disegno, un lavoro ben fatto, un capolavoro? Quale
tra questi secondo te può essere considerato un lavoro ben fatto?
- · Collocare
poi la nostra ricerca entro un quadro di valori condivisi riesce a
contestualizzare in termini bruneriani i risultati (anche se solo provvisori e
sempre in evoluzione) prodotti durante il nostro percorso; e allora non solo
riusciremo a concordare, negoziandoli, dei parametri entro i quali i bambini possano
“giudicare” i lavori svolti, ma verranno esplorate altre piste di indagine come
quelle inerenti all’aspetto etico della valutazione.
È corretto dire a un compagno o sentirsi dire da un compagno
che il proprio lavoro non è adeguato? O, peggio, che è un pasticcio? Che fa
schifo? Le riflessioni condotte mostrano come sia difficile per i bambini
limitarsi al giudizio del prodotto e a non estenderlo alla persona. Così un
lavoro eseguito male è il prodotto di una cattiva persona che va evitata: non è
mio/a amico/a. C’è tra i bambini la
tendenza ad un’omologazione che, a differenza di quanto avviene tra gli adulti,
può essere controllata attraverso un opportuno intervento educativo.
- · Questo
perché sia efficace non può limitarsi ad essere una condotta morale calata
dall’alto ma deve essere metabolizzata dai bambini fino a costituirne l’habitus,
attraverso il dialogo autentico, cioè aperto e pronto ad accogliere anche
posizioni che non condividiamo o che semplicemente si allontanano dai canoni di
realtà ai quali siamo stati abituati, purché siano supportate da valide
argomentazioni.
Senza per questo ammonire o colpevolizzare o, peggio,
minacciare: ma allora non hai capito niente! Ma che stai dicendo! No, non è
così! Ecc.. Queste sono esclamazioni che scoraggiano i bambini a continuare la
loro ricerca e li incanala subdolamente sulla via che noi abbiamo già tracciato
per loro, anche quando la loro verità non è sbagliata, inverosimile ma
semplicemente si allontana dal nostro personale modo di concepirla.
Voglio salutarti con questo interrogativo: qual è il
discrimine che usi per distinguere il frutto della creatività, dal frutto della
mancata comprensione della regola, cioè dell’errore?
Puoi condividere le tue riflessioni nei commenti sul blog o sulla pagina, grazie!
Agata Calise